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Alle volte mi domando: ma chi me lo fa fare?
Sei stanco e svogliato. Il "sacro fuoco" è diventato un lumicino... Le levatacce all'alba, o anche prima, i chilometri macinati in auto e, soprattutto, a piedi... Ma hai la sciatica, una spalla mezza a spasso... E su! Stai a casetta, guardati i video degli altri che pescano. Eppure... Eppure arriva maggio. E a maggio l'aria profuma di fossi.Di umido e fiori, di erba e di muschio e di trote. E allora, si ripete il rituale: dalla sera prima quando, rincasando da lavoro, lo senti quel profumo... E ti rendi conto di trovarti nel posto sbagliato. Che dovresti essere lassù, tra sassi scivolosi, all'ombra dei faggi, a pesare ogni lancio, a immaginare traiettorie, cacciate, inseguimenti... E così che tutto ricomincia. Sempre. E il giorno dopo sei sul fiume. E passano le ore... E qualcosa prendi. Ma gli acciacchi, adesso, li senti tutti. E ogni scivolata, ogni inciampo ti scuotono dentro e pigli a salmodiare e ripensi al "chi me lo fa fare?" di cui sopra. Poi, arrivi in un posto che, come decine di altri, qualche soddisfazione te l'ha fatta togliere in passato... E fai i tuoi lanci. Lì il torrente si divide, per poi ricongiungersi un centinaio di metri più avanti. Una bella corrente, non troppo impetuosa, con un paio di raschi incredibilmente infrascati subito a monte. Sospiri e immagini le traiettorie , le solite. Te le giochi tutte. Sfila una trotarella da un par di etti. E sospiri di nuovo perché, lo sai, ti sono rimasti solo i lanci scomodi... E inizi ad accampare scuse "eh, ma oggi non è che si muovono poi tanto... E poi lì è infrascato, il fondo è sporco, avrò manco un giro e mezzo di manovella per stare in pesca"... E pensi già che sei stanco e dolorante, e di andare a recuperare l'esca là, passando in mezzo ai sassi viscidi, scavallando quel ramo di traverso, sarebbe una gran rottura di scatole... Poi però ti ricordi del perché sei lì. E lanci. Lanci tra i due raschi, dove l'acqua calma un poco, per manco 40 cm. Controlli e aggiusti al volo la traiettoria dell'esca, che si poggia esattamente dove volevi. Chiudi l'archetto e jerki subito a canna alta, che sai che altrimenti incagli. Ma già sulla prima jerkata l'acqua ribolle, là dove dovrebbe essere più placida. E scorgi un guizzare d'oro e di rame. "E tu come ci stavi là?" le domandi, mentre il tuo algoritmo mette il pilota automatico e la guida oltre il ramo, verso la corrente, dove potrai gestirla meglio. La guardi meglio e quasi sei infastidito: "mi parevi più grossa... Vabbè, ma vediamo di conoscerci più da vicino, eh!" Poi c'è l'hai a tiro di guadino e ripensi alla magia. Al regalo che ti ha fatto, su quel lancio che non volevi provare. All'eleganza del suo cacciare, senza darti neppure il tempo di reagire. E la ringrazi, perché se sono trent'anni che vai per fossi, è per sorprenderti ancora. Come da bambino. |