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TROTE MEDITERRANEE: TRA MITO E REALTA'

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 21:47




Come vi avevo preannunciato, questo è l'articolo scritto a suo tempo, tale e quale. E' un bel pippone :) senza dubbio, ma ha il pregio di spaziare su tutto quello che riguarda i salmonidi italici.
IMPORTANTE: Le ipotesi del Mediterranean Trout Research Group sono state criticate da altri ittiologi, e sicuramente non rappresentano la bibbia. Ciò non toglie, come già precisato, che Pierpaolo Gibertoni sia uno dei principali esperti di salmonidi a livello nazionale. Questa è una sintesi divulgativa, a tratti necessariamente semplificata, delle loro ipotesi e dei risultati delle loro ricerche, a mio parere molto convincenti.
Sarà interessante sentire cosa ne pensano i nostri ittiologi.



TROTE MEDITERRANEE: TRA MITO E REALTA'
Con questo articolo dedichiamo uno spazio speciale ai salmonidi delle acque italiane, riportando in particolare le nuove acquisizioni in materia che abbiamo appreso a colloquio con l'ittiologo Pier Paolo Gibertoni, itticoltore, leader del Mediterranean Trout Research Group, nonché uno dei massimi esperti di trote a livello nazionale.


La leggendaria macrostigma, la fantomatica lacustre, l'enigmatico carpione, la marmorata regina dei fiumi. Quanti epiteti vengono attribuiti a queste entità, così simili tra loro benché inserite in contesti ambientali tanto diversi: i ruscelli montani, i grandi fiumi del piano, gli sconfinati laghi prealpini.
Non si contano quasi più i tentativi, effettuati da chissà quanti biologi, di ricostruire la genealogia dei salmonidi italiani. Tentativi che, per lo più, non sono mai riusciti a fornire una visione d'insieme soddisfacente. Ben inteso, non che si tratti di un compito facile, considerata la situazione odierna della fauna ittica italica e non solo, a cominciare proprio dai salmonidi autoctoni.
Difatti la stragrande maggioranza delle popolazioni di trote attualmente presenti sul territorio nazionale deriva da introduzioni. In genere si parla di “ripopolamento”, ma tecnicamente un ripopolamento è un qualcosa che riguarda un animale già presente sul territorio, le cui popolazioni devono essere rinforzate artificialmente in quanto depauperate dall'azione dell'uomo. Il problema, come tutti ormai sanno, è che i ripopolamenti, da secoli, vengono invece effettuati con stock di origine atlantica, vale a dire trote dell'Europa centro-settentrionale. Tutt'altra cosa rispetto ai ceppi nostrani, al punto che il termine “ripopolamento” lascia in bocca un retrogusto un tantino ipocrita. L'introduzione di trote alloctone sta all'origine delle mille questioni che tratteremo in questo articolo, a cominciare dal fatto che ricostruire la distribuzione e l'identità originaria delle trote nostrane è un'impresa veramente ardua.
Dicevamo che nessuna delle ipotesi proposte a riguardo è apparsa fino a ieri soddisfacente, ma se abbiamo tirato in ballo l'argomento per l'ennesima volta c'è un motivo ben preciso: finalmente qualcuno è riuscito a elaborare un quadro che, unendo gli sforzi di varie discipline come la genetica, l'ecologia, la geologia e la climatologia, sembra fornire una visione d'insieme non solo plausibile, ma persino accattivante.

TROTE DANUBIANE, ATLANTICHE, MEDITERRANEE
I genetisti europei hanno lavorano per mezzo secolo sul cosiddetto “complesso Salmo trutta”, ma per mettere finalmente un po' di ordine c'è voluto un canadese, un certo Louis Bernatchez, secondo il quale il DNA parla chiaro: esistono tre linee principali di trote europee: Danubiana, Mediterranea e Atlantica. Perché proprio tre? Perchè probabilmente tre sono i principali “rifugi” che hanno ospitato le trote durante le glaciazioni, vale a dire regioni climaticamente favorevoli che in quei periodi hanno salvato molte specie dall'estinzione. Nell'articolo di marzo abbiamo sottolineato l'influenza essenziale che le glaciazioni hanno avuto nel determinare la distribuzione attuale dei pesci d'acqua dolce. I salmonidi non fanno eccezione.
Il ceppo Danubiano sembra essere il più antico e quello Atlantico il più giovane (su scala temporale geologica!), ma quello che ci interessa in questa sede è il ceppo Mediterraneo, comprendente tutte le trote italiche native che ben conosciamo. L'attuale (vecchia?) classificazione del complesso Salmo trutta ci dice che in Italia sono presenti sei forme indigene di trota (non stiamo a specificare se si tratta di specie, sottospecie, ecc.):

Trota fario (Salmo trutta trutta)
Trota macrostigma o trota sarda (Salmo trutta macrostigma)
Trota lacustre (Salmo trutta lacustris)
Trota marmorata (Salmo trutta marmoratus)
Carpione del Garda (Salmo carpio)
Carpione del Fibreno (Salmo fibreni)

L'ultimo è senz'altro il meno conosciuto: per adesso limitiamoci a dire che fino a una manciata di anni fa era considerato una forma nana di macrostigma, endemica del lago di Posta Fibreno, nel Lazio. In realtà si tratta di un pesce molto particolare, del quale parleremo dettagliatamente più avanti.
Nessun ittiologo, credo, dubita ormai che questo schema di classificazione sia da rivedere, del tutto o in parte. Vediamo, alla luce delle ultime acquisizioni, quale sembra essere la vera identità delle trote italiche.

TROTA FARIO E MACROSTIGMA
Verrebbe da chiedersi: come mai un unico paragrafo per due specie diverse?
In realtà la prima domanda da porsi è: che cosa si intende per trota fario? Pare infatti che le trote dei fiumi che sfociano nel Mediterraneo, con livrea a punti rossi e neri, c'entrino ben poco, stando alla genetica, con le fario del resto d'Europa.
E pare invece che, tra le fario mediterranee e le cosiddette macrostigma, che popolano ancora alcuni dei nostri fiumi (versante tirrenico dell'Appennino e isole, ad esempio), le differenze siano solo apparenti: in pratica cambia solo la punteggiatura.
Fario mediterranea e trota macrostigma sono praticamente sinonimi, due facce della stessa medaglia. Due realtà equivalenti con differenti caratteristiche della livrea a seconda del contesto cromatico ambientale.
Tant'è che sull'Appennino tosco-emiliano, dove per fortuna si trovano ancora popolazioni autoctone, e dove guarda caso è situato il centro ittiogenico “I Giardini dell'Acqua”, le trote passano gradualmente da una livrea tipicamente “fario” a monte, con punti rossi e neri piccoli e fitti, a quella tipica della macrostigma con punti grossi e neri a valle.
Semplice mimetismo? Forse sí: nel tratto prossimo alla sorgente, il contesto cromatico è molto vario: la roccia nuda, la ghiaia, la presenza di ossidi di ferro rossastri possono aver promosso una livrea più variegata che include punti rossi. Più a valle, invece, il sedimento limoso, la vegetazione acquatica, eccetera formano un substrato di colore più uniforme e spento, selezionando livree meno vivaci.
Ciò è comprovato dal fatto che non sempre il fenotipo “macrostigma” si trova nei tratti di fondovalle: laddove acque di alta quota presentino un contesto cromatico scuro, con presenza di macrofite, ecco che anche lì compare la livrea a punti neri. E' il caso, ad esempio, della macrostigma del Fibreno. Il mimetismo è un fattore importante, che può fare di un animale un predatore efficiente ed al contempo una preda difficile.
Qualche differenza tra le due forme, al di là della livrea, a dire il vero c'è, ma è solo questione di idoneità a tratti di fiume diversi. Le mediterranee a fenotipo macrostigma, infatti, essendo generalmente trote di fondovalle, hanno sviluppato una resistenza ad alte temperature di cui un salmonide non era ritenuto capace. Queste trote, in casi estremi, sopravvivono in acque fino a 28ºC, il che è davvero notevole! Un evidente adattamento alla calura estiva dei corsi d'acqua mediterranei.
Vorrei porre l'accento su quanto concerne il periodo riproduttivo. In genere i pesci si adeguano al regime idrologico del bacino idrografico che li ospita e le trote non sono da meno.
Le zone a clima mediterraneo presentano inverni piovosi ed estati secche. Il contrario di quanto avviene nel resto d'Europa. Le mediterranee di torrente, pertanto, si riproducono nel momento a loro più congeniale, quando è minima la probabilità di eventi di piena o di magra eccessiva. Esse depongono da dicembre-febbraio nel tratto prossimo alla sorgente (fenotipo fario) fino a primavera inoltrata nel fondovalle (fenotipo macrostigma), ritardando “volutamente” in caso di piene improvvise.
Come mai allora il periodo di divieto in Italia va da fine settembre a febbraio, lasciando scoperta gran parte della frega delle trote mediterranee?
La risposta, purtroppo, è semplice: allevando e introducendo trote atlantiche, abbiamo ricalcato il periodo di divieto dagli altri paesi europei, dove effettivamente le trote si riproducono a partire dall'autunno. Ma in questo modo in Italia, da sempre, abbiamo tutelato le trote di allevamento alloctone a scapito dei ceppi autoctoni. Il che, a mio personale modo di vedere, è pura follia dettata dalla disinformazione e dagli interessi economici a breve termine.
Le trote atlantiche (o meglio, coloro che le hanno introdotte), insieme all'alterazione degli ambienti da parte dell'uomo, hanno cancellato letteralmente la stragrande maggioranza delle popolazioni mediterranee a causa di competizione e ibridazione. Per quanto i periodi di riproduzione dei due ceppi siano sfasati, essi si sovrappongono quanto basta per inquinare progressivamente il patrimonio genetico di una popolazione indigena, fino a soppiantarlo quale conseguenza di ripetute immissioni. Da un lato, però, rimane la speranza di poter ripristinare alcune popolazioni a partire da stock selezionati in allevamento. Secondo il dott.Gibertoni, infatti, un torrente popolato da atlantiche può essere “sterilizzato”, come si dice in gergo, prelevando tutte le trote ivi presenti con l'elettropesca. Dopodiché sarebbero sufficienti pochi eventi di reintroduzione di mediterranee affinchè queste, sicuramente meglio adattate ai nostri corsi d'acqua, possano avere di nuovo la meglio.
Il nostro auspicio è che sempre più impianti ittiogenici pubblici optino per la possibilità di allevare stock di mediterranee, come già avviene altrove (pur senza giungere all'addomesticamento delle trote native!). La sensibilizzazione nel mondo della pesca è già a buon punto, visto che molti pescatori si chiedono sempre se le trote che catturano siano autoctone o meno (seppur illudendosi un po' troppo spesso che la risposta sia affermativa...). Il consenso popolare sta alla base di tutto.

TROTA MARMORATA
La trota marmorata, come noto, rappresenta un endemismo italiano, o almeno del distretto “padano-veneto”, che include tutto il paleobacino del Po (compresi gli ex-affluenti balcanici). Pertanto non la si rinviene al di fuori di quest’area.
Si tratta di una specie altamente specializzata per la vita in grandi fiumi, ben diversa da quella nei piccoli ruscelli. Difatti, nel bacino padano, oltre una certa altitudine la marmorata lascia il posto alla fario mediterranea, laddove questa esiste ancora, o più comunemente alle atlantiche. In tutto il bacino del Po? Domanda retorica: le eccezioni non mancano mai.
Nelle Alpi del nord-est, compresa la Slovenia, la marmorata si trova infatti fino al tratto prossimo alla sorgente, alla stregua delle fario.
Guarda caso, talvolta queste marmorate orientali presentano nella livrea qualche punto rosso anche nell'adulto oltre che, come normalmente accade, nella fase giovanile (vedi box). Che significa questo?
Gibertoni e colleghi lo hanno chiesto al DNA, e la risposta è stata abbastanza eloquente: le marmorate orientali sono geneticamente distinte da quelle occidentali. Un ceppo diverso, ancorché appartenente alla stessa specie.
Gli stessi ricercatori ipotizzano che il ceppo orientale si sia, in un remoto passato, ibridato con il diretto progenitore della fario mediterranea (vedi paragrafo sulle origini), ottenendo i risultati attuali in termini di livrea e adattamento.
Interessante il fatto che, a differenza di quanto si credeva in passato, il punto rosso nelle marmorate del nord-est non è necessariamente indice di ibridazione con le fario atlantiche. D'altro canto, la mancanza di punti rossi non significa di per sè assenza di ibridazione. Pertanto solo la genetica può darci indicazioni attendibili sulla purezza di un individuo o di una popolazione.
Come tutte le trote nostrane, anche la marmorata ha sofferto e tuttora soffre la continua immissione di stock atlantici. In questo caso, a differenza di quanto avviene con le altre mediterranee, non esiste neanche uno sfasamento del periodo riproduttivo: la sovrapposizione tra marmorata e atlantiche è perfetta, e l'ibridazione è praticamente la regola.
Quello che pochi tengono presente è che, prima che si introducessero trote alloctone, la marmorata non si ibridava affatto con le altre mediterranee, il che è perfettamente normale per due specie diverse che si spartiscono l'habitat da sempre (anche se le fario autoctone si troverebbero sempre più a monte delle marmorate).
E’ veramente desolante vedere com’è ridotto il patrimonio salmonicolo italiano a causa dei ripopolamenti (nonché della perdita di habitat). La colpa è anche di noi pescatori che vogliamo la fario a tutti i costi, che magari ci sembra più autoctona di un'iridea solo perché ha qualche punto rosso, poco importa se di livrea slavaticcia, senza pinne ed è stata lanciata il giorno prima. Paradossalmente, se i ripopolamenti fossero stati fatti da sempre con le iridee, incapaci di ibridarsi con le trote europee, qualche problema lo avrebbero causato anch'esse senz'altro, ma almeno non avremmo avuto introgressione dei ceppi nostrani che, per quanto ridotti nel numero, avrebbero mantenuto il loro patrimonio genetico e si sarebbero potuti ripristinare con relativa facilità.


TROTA LACUSTRE: UNA REALTA' DIVENUTA LEGGENDA
Veniamo ora alla lacustre, forse la trota più enigmatica tra quelle presenti sul territorio nazionale.
Considerata originariamente una sottospecie di Salmo trutta, alcuni anni fa si sparse la voce che la lacustre addirittura non era mai esistita: si sarebbe trattato di popolazioni originatesi da stock atlantici introdotti che si erano adattati ad uno stile di vita migratorio tra il lago e gli immissari.
Da dove scaturì questo equivoco, ammesso che fosse tale? Dal semplice fatto che attualmente le nostre trote di lago sono ampiamente introgresse, cioè ibridate, con materiale di introduzione, e la genetica lo rivela. Anzi, a dire il vero le trote lacustri originali non esistono quasi più. La quasi totalità delle trote pescate nei grandi laghi non sono altro che fario atlantiche, provenienti da stock introdotti, adattate alla vita nel lago, acquisendo la livrea argentea tipica di tutte le trote di acque aperte, dalle trote di mare nordiche alle lacustri originali.
La trota lacustre insomma esisteva eccome, nel senso che le trote autoctone nei nostri laghi prealpini c'erano sempre state, come riportato nelle opere del Pomini e del Sommani, illustri naturalisti italiani del secolo scorso.
Vorrei ora aprire una parentesi che mi sta particolarmente a cuore in quanto si tratta di una buona notizia, oltre che di una scoperta entusiasmante.

LA MARMORATA MIGRATRICE DEL VERBANO
Nel novembre 2008, in occasione di un campionamento nelle acque del fiume Toce, volto alla cattura di riproduttori di marmorata, sono stati rinvenuti diversi esemplari di trote molto grandi, fino a 1,10 m di lunghezza per 10 kg di peso, che presentavano una morfologia e una livrea che sul momento hanno spiazzato Gibertoni e colleghi.
Il corpo affusolato, il capo appuntito, la pinna caudale perfettamente integra anziché consunta ventralmente, facevano pensare quasi a dei salmoni, piuttosto che a trote marmorate, e comunque corrispondevano alle caratteristiche delle lacustri che ancora vengono catturate nel Lago Maggiore, di cui il Toce è immissario. Le analisi genetiche hanno confermato che si tratta di trote marmorate pressoché pure, e l’ipotesi attualmente più accreditata è che si tratti di una popolazione migratrice, che passa la maggior parte dell'anno nelle acque del Verbano cibandosi del pesce ivi presente, per poi iniziare la risalita con il disgelo, all'inizio dell'estate, e riprodursi in autunno.
La livrea di questi pesci, argentea finché si trovano nel lago, salvo poi scurirsi leggermente a ridosso della frega, è nota da sempre ai pescatori del luogo, i quali, riferendosi alla marmorata, sostengono che ne esistono tre forme diverse: “la bianca, la grisa e la nera”. La bianca sarebbe quella che risale dal lago, ancora argentea; la grisa, cioè grigia, potrebbe essere la stessa migratrice in tempo di frega (come si vede in queste foto), e la nera è la classica marmorata stanziale del Toce.
Il fatto che le trote lacustri del Verbano e, forse, anche Ceresio e Lario, fossero in realtà delle marmorate “travestite” era sospettato da tempo. Addirittura il suddetto Pomini, negli anni '40, aveva notato che le trote di questi laghi mostravano un numero di vertebre caudali diverso rispetto a quelle del Garda e che pertanto queste ultime dovevano essere ricondotte a ecotipi di fario mediterranea, mentre le prime a ecotipi di marmorata.
Questa scoperta ha generato grande entusiasmo, trattandosi forse dell'ultima realtà di salmonidi migratori presenti sul territorio italiano, per i quali è scattato immediatamente un programma di studio e riproduzione in cattività a scopo conservazionistico, che va avanti da tre anni con ottimi risultati in termini di produzione di trotelle da ripopolamento.
Oltre a tutto ciò, Gibertoni non esclude l'esistenza nel Verbano e Ceresio di due lacustri diverse: una a “base” marmorata, l'altra invece a “base” fario mediterranea. Infatti esistono foto storiche di catture in questi due laghi (collegati dal fiume Tresa) uguali alla "truta di Torbole" del Garda.

CARPIONE DEL GARDA
Venendo ora al carpione, è evidente che si tratta solo di un'altra specie di trota adattata alle acque dei laghi, anzi di un lago solo: il Benaco. Talmente adattata che non ha neanche bisogno, a differenza delle altre lacustri, di risalire l'immissario per la frega. Il ciclo vitale si compie tutto nelle acque del lago, ambiente molto stabile che permette a questa forma di riprodursi due volte l'anno, in estate e in inverno (o più probabilmente in tutto il periodo che va dall'estate all'inverno). Tra poco vedremo, tra le altre cose, la possibile ragione per cui si sarebbe evoluto questo particolare comportamento riproduttivo. Questa specie è in crisi per vari motivi: intanto per via dell’areale puntiforme, limitato ad un solo lago, il che la rende di per sé vulnerabile. A ciò si aggiunge la pesca professionale, che da secoli ha tenuto basso il numero di individui. Infine, anche l’introduzione dei coregoni (i quali, contrariamente a quello che molti pensano, non sono affatto autoctoni dei laghi italiani) sembra aver avuto un impatto pesante, entrando questi in competizione per lo spazio e le risorse alimentari, nutrendosi essi di invertebrati planctonici al pari del carpione.

CARPIONE DEL FIBRENO
Anche se non riveste alcun interesse dal punto di vista alieutico, quest’ultima specie di salmonide italico merita un po’ di spazio. Probabilmente la maggior parte dei pescatori non l’ha mai sentito nominare, ma si tratta di un pesce molto peculiare.
Apparentemente non è molto diverso da una piccola macrostigma, della quale fino a una ventina d’anni fa era considerato un forma nana,non superando normalmente i 15 cm di lunghezza. Ciò ne fa uno dei salmonidi più piccoli al mondo. Vive esclusivamente nel lago di Posta Fibreno, da cui nasce l’omonimo fiume laziale. Al pari del carpione del Garda, col quale non ha comunque niente a che vedere, si tratta di un endemismo puntiforme, vulnerabile per definizione in quanto basterebbe un singolo evento di inquinamento delle acque a cancellare per sempre l'intera specie.
Poco si conosce della sua biologia, ma di sicuro si è molto differenziato dalla macrostigma, dalla quale certamente ha avuto origine. A differenza di quest'ultima, è attivo solo nelle ore notturne, è una specie schiva e difficile da osservare. Durante l'estate apparentemente scompare, rifugiandosi con tutta probabilità nel sistema carsico di acque sotterranee che caratterizza il lago.
Ciò fa ragionevolmente pensare che si trattasse originariamente di una popolazione di trota macrostigma adattatasi alla vita di grotta, presumibilmente durante le glaciazioni. A favore di questa ipotesi c'è il fatto che questa specie sia in grado di sopportare concentrazioni di CO2 e metano assolutamente intollerabili per altri pesci, il che la rende adatta a vivere in prossimità delle sorgenti sotterranee le cui acque sono ricche di queste sostanze.

LE ORIGINI
Il gruppo di ricerca di Gibertoni e colleghi propone anche un quadro in cui viene ricostruita la storia dei salmonidi italiani. Vorrei iniziare il racconto dando un'idea di quale fu lo scenario da cui partiamo: la penultima glaciazione (chiamata Riss) si sta concludendo. Stiamo parlando di circa 130.000 anni fa. Le acque del disgelo alimentano i fiumi e diluiscono i mari, compreso il mediterraneo il quale, per questo motivo, è caratterizzato da acque fredde e poco salate. Un ambiente favorevole alle trote che, discendendo dai rifugi glaciali, riacquisiscono uno stile di vita anadromo. Ci riferiremo a questa trota chiamandola “mediterranea ancestrale”. Solo una popolazione, tra quelle sopravvissute alla glaciazione, continuerà a condurre vita stanziale in acqua dolce. Si tratta della marmorata, che ha sfruttato il bacino del Po come rifugio glaciale. Essa è estremamente specializzata per la vita in corsi d'acqua planiziali, di grande portata. Per questo motivo ha probabilmente perso la capacità di riscendere al mare. Risultato: il suo areale non si espande, non essendo in grado di sfruttare le acque marine come mezzo di dispersione.
Terminato lo scioglimento dei ghiacci, il mediterraneo torna ad essere un mare caldo e salato: ecco che le trote non sono più in grado di viverci e si rifugiano in acque dolci, dando luogo a popolazioni stanziali.
La penisola italica è colonizzata capillarmente, e l'Appennino funge da rifugio per le trote durante la successiva glaciazione, detta Würm.
Durante il Würm anche i tributari appenninici del Po poterono essere occupati dalle mediterranee ancestrali, in quanto le marmorate, con la scarsità di acqua dovuta alla glaciazione (le precipitazioni restano intrappolate sotto forma di calotte glaciali, sottraendo acqua agli oceani) si trovarono limitate all'asta principale del grande fiume, essendo inadatte alla vita in piccoli ruscelli. Al contrario, le ancestrali trassero vantaggio da questa situazione, originando le prime popolazioni di macrostigma/fario mediterranea.
Che succede non appena i ghiacci iniziano a ritirarsi? Succede che si va delineando la situazione attuale. Lo scioglimento dei ghiacciai lascia spazio ai grandi laghi prealpini, che per le trote sono un ulteriore territorio di conquista!
Abbiamo appena visto come le acque di questi laghi ospitassero, almeno fino a non molto tempo fa, tre diverse trote lacustri: ecotipi di fario mediterranea e di marmorata, più il carpione del Garda.
Come mai non una trota lacustre ma tre? Andiamo avanti con la nostra storia e lo sapremo.
L'ipotesi è che le marmorate siano le prime a occupare le prime valli liberate dai ghiacciai, quelle delle Alpi occidentali (che erano occupate da ghiacciai più sottili e meno estesi), colonizzando così i neoformati Verbano e Ceresio e dando luogo ad un ecotipo con livrea argentea, tipica dei salmonidi pelagici, assumendo uno stile di vita migratorio: per riprodursi infatti tutte le trote di lago, eccetto il carpione, migrano negli immissari dei rispettivi laghi.
L'origine del carpione del Garda è intrigante. Il Benaco si è liberato molto tardivamente dai ghiacci e non ha avuto immissari per lungo tempo. Questa situazione ha fatto sì che qui si evolvesse una forma di trota lacustre stanziale che non necessitasse di risalire gli immissari per riprodursi. Ma il carpione non è l'unica trota del Garda. C'è, o almeno un tempo c'era, anche la lacustre propriamente detta. Al pari del carpione, essa deriva dalla mediterranea ancestrale, solo che, a differenza del primo, la lacustre “fario” ha colonizzato il lago quando il disgelo era terminato e il loro ciclo riproduttivo poteva compiersi con regolare migrazione. Ecco il perché delle tre lacustri: tre realtà diverse originatesi da differenti fasi di colonizzazione.
Nel momento in cui conquistano il Garda e gli altri laghi, le fario colonizzano anche il versante padano dell'arco alpino, andando a situarsi a monte e “scavalcando” la marmorata che invece continua a dominare il fondovalle. Quindi nel fondovalle alpino non troviamo la forma macrostigma, bensì appunto la marmorata.
Lo stesso non è accaduto sul versante padano dell'appennino: negli affluenti di destra del Po, infatti, non troviamo la marmorata, ed è legittimo sospettare che originariamente si trovasse la macrostigma anche lì, considerando che un ceppo di mediterranee con questo fenotipo è stato recentemente rinvenuto anche in queste acque ed è attualmente allevato presso “I Giardini dell'Acqua”, il campo base del Mediterranean Trout Research Group.
Quindi, per riassumere, le trote italiche discendono tutte dallo stesso Salmo ancestrale anadromo, che a più riprese, quando il mare diveniva un ambiente inospitale per i salmonidi, colonizzava le acque dolci con popolazioni “land-locked”, cioè stanziali, le quali tornavano nuovamente anadrome qualora le condizioni climatiche le spingessero nuovamente a valle e verso il mare (esclusa la marmorata, che infatti non troviamo nel resto del Mediterraneo).
Se le popolazioni attuali fossero ancora integre, così come i fiumi che le ospitano, chissà se ci sarebbe da aspettarsi un nuovo ritorno al mare in seguito alla prossima glaciazione? Secondo Gibertoni sì, magari anche da parte delle atlantiche di ripopolamento le quali, introdotte in molte aree dell'emisfero australe (Patagonia, Nuova Zelanda, ecc.), attualmente hanno già costituito popolazioni anadrome.
Dopotutto, anche in Mediterraneo qualche trota viene ogni tanto pescata in mare...

TROTE “DI MARE”
I pescatori di cheppie che sono soliti frequentare i fiumi italiani dove ancora avviene la risalita di questo splendido clupeide sanno bene che la gente del posto, a primavera, spesso e volentieri attende anche l'arrivo delle “trote di mare”: trote anadrome che risalgono i fiumi per riprodursi, come fanno i salmoni? Chi lo sente dire per la prima volta, in genere, mostra l'espressione più stupita che può.
Possibile che nel mediterraneo vivano trote, alla stregua dei mari del nord e che, oltretutto, nessun testo scientifico, nessuna guida al riconoscimento dei pesci parli di questa specie, se di specie si tratta? In realtà le pubblicazioni scientifiche a riguardo esistono, ma sono molto poche e per lo più stretto appannaggio degli specialisti nelle università.
Le trote nel mar mediterraneo ci sono, ogni tanto vengono catturate nelle foci, nei porti, e anche in mare aperto. Sono pesci caratterizzati da livrea argentea, con punteggiatura nera o assente, che perdono facilmente le scaglie tenendole in mano. Purtroppo, però, non si tratta di trote di mare vere e proprie. Anche qui le analisi genetiche sono state di fondamentale importanza per sfatare il mito della trota di mare di ceppo mediterraneo. I salmonidi attuali, come abbiamo appena visto, sono tutti o anadromi o discendenti da un diretto progenitore anadromo, comprese le trote mediterranee. Questo spiega la loro tolleranza alle acque marine, almeno in certe stagioni dell'anno. Ma tutti gli esemplari rinvenuti fino a oggi nel mar Mediterraneo, su cui siano stati effettuati studi di natura molecolare, si sono rivelati di ceppo atlantico. Quindi si tratta giocoforza di trote di ripopolamento.
L'ittiologo Piergiorgio Bianco, negli anni '80, scriveva che il fatto che esse scendano in mare per poi risalire i fiumi in primavera potrebbe essere un retaggio che alcuni ceppi zootecnici hanno ereditato da antenati anadromi utilizzati per effettuare incroci in acquacoltura. Nel qual caso si potrebbe parlare di una vera e propria migrazione.
Secondo altri, invece, la realtà è ben altra: per citare le parole dello stesso dott. Gibertoni, “alle nostre latitudini le trote arrivano al mare passivamente o tutt'al più nella ricerca di un ambiente più simile alla... vasca di allevamento! Se si ripopolasse con brown selvatiche dei paesi nordici allora sarebbe già un'altra storia”.



Bibliografia essenziale:

GIBERTONI P.P., PENSERINI M., ESPOSITO S., FOGLIA A., LEONZIO C., RADI M., QUERCI G. 2010. “Ipotesi di distribuzione originaria delle popolazioni di salmonidi nativi per le acque italiane”. Fishery’s Science Journal – n° 0: 18-37

BERNATCHEZ L., 2001. “The evolutionary history of brown trout (Salmo trutta L.)
inferred from phyleogeografic, nested clade, and mismatich analyses of mitochondrial
DNA variation”. Evolution, 55: 351-379.

LORENZONI M., MAIO G., NONNIS MARZANO F. 2004: Stato attuale delle conoscenze
sulle popolazioni autoctone di trota in Italia: necessità di un approccio integrato. Quaderni
ETP, Journal of Freshwater Biology 33/2004 p.1-11.

Edited by Dr Skazz - 19/7/2011, 14:38
 
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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 21:51




Riconoscere le trote mediterranee

Le trote mediterranee appenninniche possono assumere livree diverse a seconda del contesto ambientale, il che ha fatto nascere la suddivisione artificiale tra fario mediterranee e macrostigma le quali, come abbiamo visto, sono solo due facce della stessa medaglia. In alcuni corsi d'acqua dell'Appennino Tosco-Emiliano, ad esempio, possiamo trovare ancora trote geneticamente pure, grazie anche ad interventi di recupero e reintroduzione.
Le trote qui ritratte provengono dall'impianto ittiogenico "I Giardini dell'Acqua". Potremmo rinvenire queste livree diverse scendendo di quota lungo uno stesso corso d'acqua. Possiamo passare da un fenotipo di tipo "fario" (1), ad uno "macrostigma" (3), passando per livree di tipo intermedio (2). Il contesto cromatico è probabilmente il fattore che promuove livree diverse a seconda di quale sia il vantaggio per il pesce dal punto di vista mimetico.

Le caratteristiche fenotipiche che possono aiutare a riconoscere una trota di ceppo mediterraneo sono:
- Punteggiatura: rossa e nera, fine e fitta, nella fario, con alone chiaro assente o poco marcato.
Nelle macrostigma insulari (Sicilia, Corsica, Sardegna) in genere si hanno punti neri grossi e radi, mentre in quelle appenniniche sono in genere più fitti.
- Macchie parr: presenti anche nella trota adulta, generalmente fino a 30-35 cm di dimensione. Generalmente non sono in fila singola ma disordinate, come si vede bene nelle foto 2 e 3: una fila principale lungo la linea laterale, ed altre di dimensioni minori in posizione ventrale.
- Macchia opercolare: generalmente presente, anche più di una, ma non necessariamente. Non è un carattere fondamentale per il riconoscimento, in quanto presente anche in molti ceppi atlantici allevati.
- Vertebre caudali: ovviamente è un carattere che non si può osservare nell'animale vivo, ma si tratta forse della caratteristica morfologica che meglio contraddistingue i ceppi mediterranei. Nelle trote nostrane le vertebre caudali (quelle cioè che non portano costole) sono in numero inferiore rispetto alle toraciche (con costole) Si tratta in pratica di trote a "coda corta". Nelle atlantiche invece la situazione è inversa: le caudali sono più delle toraciche. Nella marmorata, infine, si hanno meno caudali come in tutte le mediterranee, ma in numero prossimo a quello delle toraciche.

Foto 1: fenotipo "FARIO"

Edited by Dr Skazz - 18/7/2011, 23:55

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 21:53




Foto 2: fenotipo intermedio FARIO-MACROSTIGMA

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 21:54




FOTO 3: fenotipo "Macrostigma"

Attached Image: 3

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 21:56




Marmorate migratrici "lacustri" del Lago Maggiore:

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 21:57




Idem come sopra

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:00




LA LIVREA CHE NON TI ASPETTI
Che trota è quella nella foto A? La punteggiatura rossa non lascia dubbi: trota fario! O almeno così penseremmo tutti se non sapessimo che una trota mediterranea di pochi mesi, sia essa una fario, una macrostigma o una marmorata, ha sempre e comunque una livrea punteggiata di rosso, a testimoniare la comune origine di queste forme da un unico antenato non troppo remoto. Non per niente, il pesce qui ritratto è proprio una marmorata purissima ottenuta da riproduttori selezionati. In natura una trotella di queste dimensioni presenterebbe già un accenno di marmoreggiatura, ma poiché in allevamento il tasso di crescita è grossomodo il doppio, quest'esemplare benché grandicello è ancora molto giovane, per cui il punto rosso è ancora molto evidente. Nell'esemplare in foto B, più grande, si vedono bene sia i punti rossi che le macchie parr, nonostante la livrea ora non lasci alcun dubbio sull'identità della trota.

Foto A:

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:01




Foto B:

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:08




LA NOMENCLATURA QUI RIPORTATA E' ANCORA UNA VOLTA UNA PROPOSTA DI GIBERTONI E COLLEGHI, E NON E' STATA ANCORA APPROVATA DALLA COMUNITA' SCIENTIFICA.


Una nuova nomenclatura?

Alla luce delle nuove acquisizioni, sarà necessario aggiornare quanto prima i nomi scientifici del complesso Salmo trutta.
Per quanto riguarda le trote italiche, il Mediterranean Trout Research Group propone il nome Salmo mediterraneus, per il quale si riconoscerebbero 4 sottospecie, di cui è riportata la possibile distribuzione originaria nella mappa 1:
- Salmo mediterraneus mediterraneus: fario mediterranea e macrostigma. Probabilmente questa forma era originariamente diffusa su entrambi i versanti dell'Appennino, in parte dell'arco alpino, oltre che nelle isole maggiori. Nella mappa 2 è riportata la distribuzione approssimata dei due fenotipi, a seconda dell'ambiente (tratto di sorgente o tratto di fondovalle) in cui generalmente essi si rinvengono. Da notare che in Sardegna non è possibile riconoscere una suddivisione netta, in quanto in ciascun torrente si ha, spesso e volentieri, un'alternanza di contesti ambientali diversi che si susseguono gli uni agli altri, ai quali corrispondono colorazioni diverse delle trote autoctone. Pertanto in ciascun corso d'acqua è possibile trovare trote a livrea fario, macrostigma o intermedia, indipendentemente dalla distanza dalla sorgente.
- Salmo mediterraneus marmoratus: trota marmorata. L'areale probabilmente non è cambiato molto fin dalla comparsa di questa forma, e corrisponde all'asta principale del Po, oltre che agli affluenti di sinistra attuali e quelli che un tempo lo furono (Slovenia).
- Salmo mediterraneus carpio: carpione del Garda. Endemismo puntiforme del Benaco.
- Salmo mediterraneus fibreni: carpione del Fibreno. Endemismo puntiforme del lago di Posta Fibreno.

Nella carta è riportata anche la presenza, sui monti Iblei (Sicilia) di una specie denominata Salmo cettii. Alcuni autori intendono con questo nome la trota macrostigma dell'Italia meridionale, ma Gibertoni e colleghi ritengono che la suddetta nomenclatura sia da attribuire solo a queste trote sicule, che hanno una particolarità: le analisi genetiche hanno rivelato che potrebbe trattarsi di ibridi naturali tra trote mediterranee e atlantiche. Come si spiega questo fatto? Bisogna anzitutto considerare che popolazioni di trote con lo stesso DNA sono presenti anche sui monti dell'Atlante (Marocco) e nel bacino del Guadalquivir (Spagna meridionale), quindi al confine con l'areale delle trote di ceppo atlantico. Si pensa che esse abbiano avuto origine da trote atlantiche rientrate via mare dallo stretto di Gibilterra, durante un periodo interglaciale, le quali avrebbero colonizzato i suddetti bacini, ibridandosi con le mediterranee ivi presenti.


MAPPA 1:

Attached Image: Mappa 1- distribuzione originaria

Mappa 1- distribuzione originaria

 
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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:09




MAPPA 2:

Attached Image: Mappa 2- Distribuzione fenotipi

Mappa 2- Distribuzione fenotipi

 
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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:13




Riproduttore di macrostigma del Fibreno:

Attached Image: 6

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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:19




Piccola mediterranea a livrea fario, ceppo della Garfagnana.

Attached Image: fario med

fario med

 
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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:24




Mediterranea a livrea intermedia fario-macrostigma

Attached Image: intermedia

intermedia

 
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ugandensis
view post Posted on 18/7/2011, 22:27




Grazie Skazz.

Bell'articolo, di sicuro non risolutivo ma certamente chiarificatore e completo, nella misura in cui si può parlare del genere Salmo di questi tempi... mi astengo dal commentare nel merito non essendo un esperto di Salmonidi, ma comunque uno la veda è roba da leggere con attenzione.
Ottimo e sostanzioso contributo.

Chapeau.

Edited by ugandensis - 18/7/2011, 23:33
 
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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 22:28




Trota a fenotipo Macrostigma, ceppo recentemente rinvenuto nel Magra, immagino molto introgresso.

Attached Image: macro

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149 replies since 18/7/2011, 21:47   11153 views
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