Apostoli dello Spinning

TROTE MEDITERRANEE: TRA MITO E REALTA'

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~Ste84~
view post Posted on 18/7/2011, 22:36




Complimenti per il bellissimo articolo che avevo già potuto apprezzare al tempo della pubblicazione.
Le due marmorate lacustri lasciano a bocca aperta!
Per curiosità le trote recuperate per la spremitura (come quelle delle foto immagino) che fine fanno? Vengono "spremute" e rilasciate o mantenute in cattività per altre spremiture?
Ciao!
 
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dinde
view post Posted on 18/7/2011, 23:02




Complimenti per l'articolo , letto in quel di aprile all'interno di una rivista che grazie proprio a letture del genere è riuscita a catturarmi di nuovo .


La parte inerente la riproduzione mi ha davvero colpito , possibile che con tanta leggerezza si sia dà sempre adottato un periodo di chiusura che non corrisponde alla fine con le esigenze delle trote " mediterranee " , ma che ha sempre favorito il loro eradicamento a favore delle trote "alloctone" ?

Davvero una volta di più sono basito dall' ignoranza di chi gestisce le risorse ittiche di questo paese .
 
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view post Posted on 18/7/2011, 23:25
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CITAZIONE (dinde @ 19/7/2011, 00:02) 
La parte inerente la riproduzione mi ha davvero colpito , possibile che con tanta leggerezza si sia dà sempre adottato un periodo di chiusura che non corrisponde alla fine con le esigenze delle trote " mediterranee " , ma che ha sempre favorito il loro eradicamento a favore delle trote "alloctone" ?

Davvero una volta di più sono basito dall' ignoranza di chi gestisce le risorse ittiche di questo paese .

:hitler: fidati che sei in ottima compagnia... ;)
 
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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 23:27




Grazie per gli apprezzamenti, se non altro qui sono io l'impaginatore dei miei articoli e cerco di non fare disastri come invece accade regolarmente su certe riviste... Per curiosità: vi eravate accorti delle cose che non tornavano o no (es. foto in formato minuscolo, invertite e ripetute, articolo troncato bruscamente)?

Che io sappia, le marmorate lacustri vengono spremute e rilasciate, difatti mi risulta che ogni anno venga fatta una campanga di cattura dei riproduttori nel Toce (non so che darei pur di partecipare!).
Ecco un altro assaggio!

Attached Image: marmo

marmo

 
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Dr Skazz
view post Posted on 18/7/2011, 23:28




bis:

Attached Image: marmo2

marmo2

 
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view post Posted on 19/7/2011, 00:05
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Alla faccia dei riproduttori!! :woot:
L'articolo è molto bello ed esplicativo :) tra l'altro, a questi studi si rifàil mio mentore di epigenetica trotaiola :lol:, quindi ho passato l'ultima mezz'ora ad annuire soddisfatto... qualcosa evidentemente ci capisco :P :D :D
Per quel che concerne i criteri di inquadramento di un ceppo mediterraneo rispetto ad uno atlantico, ritengo fondamentale l'aspetto vertebrale... spesso parlo di "tozzagine" relativamente alle trote postate come presunte mediterranee... in esemplari ben pasciuti è abbastanza facile individuare questo tratto fisico, chi ha il piacere di imbattersi in pesci nostrani belli in carne -parlo dei non addetti ai lavori- sicuramente si sarà accorto della forma particolare e decisamente differente rispetto alle atlantiche... il problema si pone quando la popolazione di mediterranee si costituisce di esemplari un poco meno paffuti... in quel caso le "spie" sono gli altri aspetti evidenziati...

un altro tratto caratteristico dei ceppi mediterranei, non sempre riscontrabile, e del quale non viene fatta menzione, è rappresentato dalla presenza di macchie fitte ed irregolari appena dopo l'opercolo in prossimità delle ventrali. che io sappia -e che io abbia veduto- le atlantiche non ne hanno mai in quel punto...

i fenotipi postati sono assolutamente esplicativi, davvero da antologia... come ben sappiamo però, le nostre care amiche amano renderci la vita complicata, sia quando si tratta di prenderle che di inquadrarle :D... perciò, e mi rivolgo nuovamente ai semplici amatori, sappiate che a meno di pescare in un fiume che scoppi di salute e con una popolazione autoctona predominante, difficilmente vi capiterà per le mani qualcosa che sia del tutto simile alle meraviglie postate dal nostro Doc Skazz :) anche perchè, come eidenziato nell'articolo, la livrea cambia da soggetto a soggetto, e da un ambiente ad un altro... dobbiamo aguzzare la vista per riconoscere gli eventuali segni di mediterraneità, e ricordarci che è la somma a fare il totale!! :D :D :D
 
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Kiko 54
view post Posted on 19/7/2011, 10:14




Indubbiamente un articolo fascinoso ed interessante, pur con qualche sbavatura scientifica e alcune ipotesi filogenetiche azzardate, non riconosciute dalla Comunità Scientifica Internazionale. A proposito, Dr.Skazz, nell'articolo suddetto, chi è che parla in prima persona? Insomma, chi è l'interlocutore che fa le ipotesi sulla base di quanto definito dal gr. di ricerca Mediterranean Trout Research? Detto ciò, ecco quello che, forse, pare un po' azzardato a mio parere (e non solo). Nella mappa della distribuzione originaria dei salmonidi si vede chiaramente che nelle Alpi Orientali l'unico salmonide presente era la trota marmorata, per altro differente da quella delle Alpi Occidentali. Sin qui ci stà. Ma nel testo si fa chiara menzione al fatto che la punteggiatura rossa di alcuni esemplari (puri) derivasse da ancestarle contatto con mediterranee localizzate in quota. C'è qualcosa che non quadra. C'erano o non c'erano allora queste mediterranee a fenotipo macrostigma nelle Alpi Orientali? Poi ancora: ma la tendenza (filogenetica) attuale non è quella di considerare la marmorata l'unica trota di linea adriatica (non mediterranea) evoluta nell'area padana? E a seguire: le attuali popolazioni mediterranee (a fenotipo fario e macrostigma) confinate nell'Appennino settentrionale (versante padano) sono originali (linee adriatiche o mediterranee?) o transfaunate dal versante ligure e toscano (ipotesi più probabile)? Per il resto condivisibile, soprattutto per quanto concerne le ipotesi sulle "lacustri" del Verbano. Molto belle le immagini di corredo.
Un'altra considerazione aggiuntiva. Viene pubblicata la fotografia di una giovane marmorata (pura secondo gli Autori) prodotta in impianto. Se si osserva bene, nell'esemplare in questione è presente anche la macchia preopercolare. A questo punto tutto è lecito, a meno che non ci si fidi della purezza genetica di quell'esemplare. Tra l'altro, a proposito di marmorate, quelle con livrea "lacustre" prelevate dal Toce in fase di risalita riproduttiva dal lago mica erano tutte genicamente pure, anzi mi sembra di ricordare che la purezza genetica fosse nell'ordine del 50 % o giù di lì.

Edited by Kiko 54 - 19/7/2011, 11:29
 
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Dr Skazz
view post Posted on 19/7/2011, 10:51




Se intendi quando scrivo "il nostro auspicio", ovviamente è il sottoscritto che parla, altrimenti ci sono frasi di Gibertoni virgolettate. Il mio unico interlocutore è comunque Pierpaolo, le ipotesi sono sue e dei suoi collaboratori.

Per quanto riguarda le marmorate dell'est, è stato ipotizzato che in passato ci sia stata una sovrapposizione con il "Salmo" ancestrale anadromo, che evidentemente sarebbe stato "assorbito" per ibridazione dalle marmorate stesse, ma a parte l'evidente differenza tra queste marmorate e le altre, anche dal punto di vista ecologico, non credo ci siano prove scientifiche a supporto di questa ipotesi.

Non mi risulta che l'unica trota padana autoctona sia considerata la marmorata, o almeno non da tutti. Lo stesso Salmo cenerinus (come la chiama Kottelat) o Salmo farioides (secondo Bianco), sarebbe per l'appunto la mediterranea padana, di cui si conoscono fenotipi sia fario che macrostigma. Se sono transfaunate o meno, questo è difficile dirlo. A livello fenotipico si distinguono da quelle del versante tirrenico per la colorazione meno accesa, almeno le fario.
Gibertoni sostiene che ceppi di fario mediterranea sopravvivono anche in alcune località delle Alpi, ma francamente non saprei dire dove e se il dato è attendibile.

Occorre fare una precisazione per quanto riguarda la denominazione "linea adriatica". Immagino che tu intenda appunto le trote del bacino del Po e quelle del versante adriatico dell'Appennino. Ma per Bernatchez la linea adriatica corrisponde ad un aplotipo del gruppo mediterraneo. Mi spiego meglio, visto che nell'articolo non l'ho scritto per non complicare ulteriormente le cose:

Le trote mediterranee, a livello genetico, si distinguono in tre principali aplotipi (cioè combinazioni caratteristiche di geni): Mediterranea in senso stretto (ME), Adriatica (AD), Marmorata (MA), tutte strettamente imparentate tra loro, perché le differenze genetiche sono minime.
L’aplotipo MA è exclusivo delle trote marmorate (anche se è stato rinvenuto in qualche trota balcanica, mescolato ad altri).
L’aplotipo ME e l’AD sono mescolati nella maggior parte delle popolazioni di fario mediterranee e macrostigma, con prevalenza di ME nell’Italia peninsulare e di AD in Corsica e Sardegna (la Sicilia, come abbiamo visto, fa storia a sé). In questo senso, quindi, tutte le trote mediterranee non marmorate avrebbero un’origine ibrida ME-AD.
Dato che a ciascun aplotipo si fa corrispondere un diverso rifugio glaciale, quindi una diversa provenienza, ecco che torna bene l’ipotesi delle colonizzazioni multiple da parte delle mediterranee ancestrali, che riacquisivano uno stile di vita anadromo, riscendendo al mare dai rifugi allorché le condizioni ambientali del Mediterraneo lo consentivano.
(So che nell’articolo ho parlato di un solo rifugio per tutte le mediterranee, in realtà la faccenda non è così semplice!)
 
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MiloFin
view post Posted on 19/7/2011, 13:22




Ho messo il topic in rilievo e bloccato all'inizio del forum in maniera tale da tenerlo come riferimento.

Grazie a dr. Skazz per averlo pubblicato e condiviso con tutti i membri del forum.

Speriamo sia solo l'inizio di una serie di post che possano essere una guida alle basi dell'ittiologia per tutti gli utenti. Proposte e contributi sono ben accetti.

Ovviamente l'articolo non e' la bibbia e tutti i commenti sono ben accetti. Daro' il mio contributo non appena avro' tempo (al momento scrivo da un autobus in viaggio).
 
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Kiko 54
view post Posted on 19/7/2011, 13:51




Riporto integralmente il contibuto di Bianco e Delmastro sulla revisione della sistematica dei salmonidi italiani a scanso di equivoci:

Salmonidae
Salmo cettii Rafinesque Schmaltz, 1810, è sinonimo prioritario di S. macrostigma Dumeril 1858 e quindi
la specie corretta da citare. S. macrostigma viene data come probabile endemismo dell’area magrebina
(Kottelat & Freyhof, 2007).
Researches on Wildlife Conservation, vol. 2 (suppl.), 2011, IGF publ.
3
Secondo Kottelat & Freyof (2007), le trote fario del distretto padano-veneto non sono ascrivibili a
Salmo trutta. Propongono quindi la specie Salmo cenerinus Chiereghini, 1847. (l’ autore corretto è però
Chiereghin) descritta per il chioggiano.
Secondo il Gridelli (1935), nel Friuli esisteva solo la trota marmorata, Salmo marmoratus Cuvier, 1829,
che frequentava soprattutto la parte bassa dei fiumi.
La monumentale opera dell’Abate Chiereghin (1745-1820), venne pubblicata solo nel 2001
(Chiereghin, 2001), mentre alcune specie, tra cui S. cenerinus, sono state brevemente ridescritte e quindi rese
valide da Nardo (1847), la descrizione del S. cenerinus fornita dal Chiereghin (2001), è molto dettagliata e la
figura riportata (Fig. 1), la illustra chiaramente. In sintesi, si tratta di specie rinvenibile nelle acque salmastre
del Chioggiano, e che risale i fiumi per riprodursi. La colorazione è uniformemente grigia con macchiette
rossastre laterali. Questa descrizione si adatta esattamente a quella data da Tortonese (1970) per la
marmorata in ambiente salmastro o marino. Risulta quindi chiaro che il nome S. cenerinus Chiereghin, 1847
rappresenta un sinonimo più recente di S. marmoratus.
Sempre secondo Kottelat & Frehyof (2007), non
esistono altri taxa descritti per l’ Italia rappresentativi della linea adriatica. Tuttavia esistono diversi taxa
descritti per il versante orientale del medio e alto adriatico appartenenti al distretto padano-veneto.
Figura 1 - Salmo cenerinus Chiereghin, 1847, descritta per le lagune del chioggiano.
Gia il Gridelli, (1935), considerava per l’Italia l’esistenza di tre distinte specie di trote fario sotto il nome di
Salmo trutta L. 1758. . Una era rappresentata dalla “trota del Sagittario”, molto differente da Salmo trutta
danubiana soprattutto per numero e conformazione delle vertebre (Henking & Altoeder, 1931),
successivamente descritta come specie a se stante, Salmo ghigii, da Pomini (1941).
Lo stesso Gridelli (1935) rilevava affinità tra le trote del Sagittario e le trote della Dalmazia. In questi
fiumi, appartenenti al distretto padano-veneto, sono state descritte tre specie: Salmo fariodes Karaman 1938,
del fiume Krka, descritta però prima di S. zrmanjensis Karaman, 1938, del fiume Zrmanje, e Salmo visovacensis
Taler, 1850 per il fiume Visovacic, affluente della Krka. Questi bacini contano numerosi rappresentanti
primari o primari simili (Bianco & Nordlie, 2008) del distretto padano-veneto: Padogobius bonellii, Alburnus
arborella Squalius squalus, Pomatoschistus canestrini, Barbus plebejus, e si possono quindi ritenere conspecifiche
anche con le trote dell’area padano-veneta. Dall’immagine a colori fornita da Mrakovčić et al. (2006) e da
Kottelat & Frehyof (2007), ma anche da materiali depositata nel Settore Zoologico, S. farioides e S. zrmanjensis
presentano un habitus tipico delle nostre trote di torrente, con bande verticali poche accennate, punti rossi
sparsi lungo i fianchi del corpo e una macchia opercolare abbastanza estesa, caratteri che la avvicinano al
Salmo ghigii. Tra queste quattro specie, la prima a essere stata descritta è S. farioides e potrebbe caratterizzare i
popolamenti autoctoni italiani della linea adriatica.


Ho sottolimeato in rosso i punti salienti, in quanto risulta chiaro che S. cenerinus e S. farioides sono due cose distinte: la prima trota marmorata e la seconda tutto ciò che non è marmorata (quindi presumibilmente quella che sin qui abbiamo indicato come fario) nel medio ed alto Adriatico.

Ribadisco inoltre che nell'ipotesi di Gibertoni et al.,in cartografia è evidenziata nel Triveneto la sola presenza della linea Marmoratus, mentre nel testo si fa riferimento specifico ad una linea di trota mediterranea (fario) nella parte superiore dei corsi d'acqua.
 
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view post Posted on 19/7/2011, 13:56
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Animale da trifola
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Stasera leggerò con calma (per il poco che ho letto pare alquanto interessante) ma credo che ai fini forum, per rendere fruibile a tutti una classificazione spannometrica di quello che ci capita per le mani ogni qualvolta si va per torrenti, si debba produrre (avevo capito fosse questo l'intento) un qualcosa di più smart e schematico e soprattutto tracciando anche quello che più facilmente ci capita per le mani (che non sono generalmente mediterranee e marmorate, per quanto il fascino di queste ultime non ha ovviamente paragoni).

Magari se ho un attimo provo ad abbozzare io una schematizzazione di stampo anglosassone (ottuso ma efficace :lol:) da popolare poi in sinergia (ribadisco che potrebbe essere utile una sezione chiusa per sviluppare l'attività ;)).
 
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view post Posted on 19/7/2011, 14:01
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Lo zingaro dello spinning
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Penso che lo leggerò con calma ed interesse, una di queste sere :)

per ora, sono ammaliato dalla bellezza di questi pesci :wub: :wub: :wub:

In particolare, ho versato lacrime e lasciato il cuore sulle prime due immagini delle lacustri :cry: :cry: :cry: :wub: :wub: :wub:
 
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MiloFin
view post Posted on 19/7/2011, 14:09




QUOTE (BallaCoiPersici @ 19/7/2011, 14:56) 
Magari se ho un attimo provo ad abbozzare io una schematizzazione di stampo anglosassone (ottuso ma efficace :lol:) da popolare poi in sinergia (ribadisco che potrebbe essere utile una sezione chiusa per sviluppare l'attività ;)).

Va bene ma non ho la possibilita' di creare sottosezioni riservate, bisogna che ci metta mano Navar. :)
 
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view post Posted on 19/7/2011, 14:12
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Animale da trifola
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CITAZIONE (MiloFin @ 19/7/2011, 15:09) 
CITAZIONE (BallaCoiPersici @ 19/7/2011, 14:56) 
Magari se ho un attimo provo ad abbozzare io una schematizzazione di stampo anglosassone (ottuso ma efficace :lol:) da popolare poi in sinergia (ribadisco che potrebbe essere utile una sezione chiusa per sviluppare l'attività ;)).

Va bene ma non ho la possibilita' di creare sottosezioni riservate, bisogna che ci metta mano Navar. :)

E che aspetta quel lavativo -_- ?

:rrrrotfl:

Anche Sharwin può metterci le mani credo.

In ogni caso servirà poi per scannarsi :lol: sui contenuti, per una bozza di schema si può anche concertare "open" ;) !
 
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Kiko 54
view post Posted on 19/7/2011, 14:47




Altra considerazione: la riduzione a forme mimetiche differenziali tra l'habitus fario mediterranea e l'habitus macrostigma (considerate verosimilmente sinonimi) non pare scientificamente tanto attendibile (molto più attendibile il rapporto numerico vertebre toraciche/caudali), tanto più che non è si tratta solo di una questione cromatica ma anche morfologica (forma e dimensione delle macchie). Riporto, sottolineato in rosso, le osservazioni di Gibertoni.

TROTA FARIO E MACROSTIGMA
Verrebbe da chiedersi: come mai un unico paragrafo per due specie diverse?
In realtà la prima domanda da porsi è: che cosa si intende per trota fario? Pare infatti che le trote dei fiumi che sfociano nel Mediterraneo, con livrea a punti rossi e neri,
c'entrino ben poco, stando alla genetica, con le fario del resto d'Europa.
E pare invece che, tra le fario mediterranee e le cosiddette macrostigma, che popolano ancora alcuni dei nostri fiumi (versante tirrenico dell'Appennino e isole, ad esempio), le differenze siano solo apparenti: in pratica cambia solo la punteggiatura.
Fario mediterranea e trota macrostigma sono praticamente sinonimi, due facce della stessa medaglia. Due realtà equivalenti con differenti caratteristiche della livrea a seconda del contesto cromatico ambientale.
Tant'è che sull'Appennino tosco-emiliano, dove per fortuna si trovano ancora popolazioni autoctone, e dove guarda caso è situato il centro ittiogenico “I Giardini dell'Acqua”, le trote passano gradualmente da una livrea tipicamente “fario” a monte, con punti rossi e neri piccoli e fitti, a quella tipica della macrostigma con punti grossi e neri a valle.
Semplice mimetismo? Forse sí: nel tratto prossimo alla sorgente, il contesto cromatico è molto vario: la roccia nuda, la ghiaia, la presenza di ossidi di ferro rossastri possono aver promosso una livrea più variegata che include punti rossi. Più a valle, invece, il sedimento limoso, la vegetazione acquatica, eccetera formano un substrato di colore più uniforme e spento, selezionando livree meno vivaci.
Ciò è comprovato dal fatto che non sempre il fenotipo “macrostigma” si trova nei tratti di fondovalle: laddove acque di alta quota presentino un contesto cromatico scuro, con presenza di macrofite, ecco che anche lì compare la livrea a punti neri. E' il caso, ad esempio, della macrostigma del Fibreno. Il mimetismo è un fattore importante, che può fare di un animale un predatore efficiente ed al contempo una preda difficile.
Qualche differenza tra le due forme, al di là della livrea, a dire il vero c'è, ma è solo questione di idoneità a tratti di fiume diversi. Le mediterranee a fenotipo macrostigma, infatti, essendo generalmente trote di fondovalle, hanno sviluppato una resistenza ad alte temperature di cui un salmonide non era ritenuto capace. Queste trote, in casi estremi, sopravvivono in acque fino a 28ºC, il che è davvero notevole! Un evidente adattamento alla calura estiva dei corsi d'acqua mediterranei.
Vorrei porre l'accento su quanto concerne il periodo riproduttivo. In genere i pesci si adeguano al regime idrologico del bacino idrografico che li ospita e le trote non sono da meno.
Le zone a clima mediterraneo presentano inverni piovosi ed estati secche. Il contrario di quanto avviene nel resto d'Europa. Le mediterranee di torrente, pertanto, si riproducono nel momento a loro più congeniale, quando è minima la probabilità di eventi di piena o di magra eccessiva. Esse depongono da dicembre-febbraio nel tratto prossimo alla sorgente (fenotipo fario) fino a primavera inoltrata nel fondovalle (fenotipo macrostigma), ritardando “volutamente” in caso di piene improvvise.
Come mai allora il periodo di divieto in Italia va da fine settembre a febbraio, lasciando scoperta gran parte della frega delle trote mediterranee?
La risposta, purtroppo, è semplice: allevando e introducendo trote atlantiche, abbiamo ricalcato il periodo di divieto dagli altri paesi europei, dove effettivamente le trote si riproducono a partire dall'autunno. Ma in questo modo in Italia, da sempre, abbiamo tutelato le trote di allevamento alloctone a scapito dei ceppi autoctoni. Il che, a mio personale modo di vedere, è pura follia dettata dalla disinformazione e dagli interessi economici a breve termine.
Le trote atlantiche (o meglio, coloro che le hanno introdotte), insieme all'alterazione degli ambienti da parte dell'uomo, hanno cancellato letteralmente la stragrande maggioranza delle popolazioni mediterranee a causa di competizione e ibridazione. Per quanto i periodi di riproduzione dei due ceppi siano sfasati, essi si sovrappongono quanto basta per inquinare progressivamente il patrimonio genetico di una popolazione indigena, fino a soppiantarlo quale conseguenza di ripetute immissioni. Da un lato, però, rimane la speranza di poter ripristinare alcune popolazioni a partire da stock selezionati in allevamento. Secondo il dott.Gibertoni, infatti, un torrente popolato da atlantiche può essere “sterilizzato”, come si dice in gergo, prelevando tutte le trote ivi presenti con l'elettropesca. Dopodiché sarebbero sufficienti pochi eventi di reintroduzione di mediterranee affinchè queste, sicuramente meglio adattate ai nostri corsi d'acqua, possano avere di nuovo la meglio.
Il nostro auspicio è che sempre più impianti ittiogenici pubblici optino per la possibilità di allevare stock di mediterranee, come già avviene altrove (pur senza giungere all'addomesticamento delle trote native!). La sensibilizzazione nel mondo della pesca è già a buon punto, visto che molti pescatori si chiedono sempre se le trote che catturano siano autoctone o meno (seppur illudendosi un po' troppo spesso che la risposta sia affermativa...). Il consenso popolare sta alla base di tutto.


In effetti, da esperienze gestionali personali plurime in impianto, la comparsa (minima per altro) del carattere fenotipico "macrostigma" a partire da genitori fenotipicamente fario med

3incubatoiodiminozzop10

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nella progenie avvalerebbe l'ipotesi del progenitore comune. Tuttavia, quello che non è stato detto è che l'attuale distribuzione dei fenotipi in Appennino (mi riferisco all'Appennino Emiliano) non è presumibilmente quella originale. Dando per scontato che S. cettii sia presente da sempre (ma è probabile che non sia così e che sia stata transfaunata), secondo quanto asserito sopra il fenotipo macrostigma dovrebbe essere più frequente a valle, data la migliore tolleranza alle alte temperature estive, mentre quello fario mediterranea dovrebbe sempre (o quasi) caratterizzare le parti superiori dei corsi d'acqua. In realtà ciò non accade quasi mai nei corsi appenninici ricordati.
Riporto, a titolo d'esempio, alcune foto di fenotipi di riferimento.

Fig.1)

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Questo fenotipo, riconducibile per caratteristiche alla forma mediterranea della trota fario, è in realtà tipico di alcune aste di fondo valle (Secchia-Enza); attualmente è presente in maniera alquanto frammentata;

Fig.2)

fariomediterranea

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Anche in tal caso il riferimento è come il precedente, ma si tratta di individui appartenenti ad una popolazione più consistente, pur se in parte introgressa, di quota più elevata (T. Dolo);

Fig.3) e Fig.4)

sam0053f

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e

sam0055so

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In tal caso si tratta di soggetti con fenotipo riconducibile all'habitus macrostigma (anche se sono presenti punti rossi) in una popolazione parzialmente introgressa ma uniforme presente nell'alto corso del F. Secchia.

Tutto ciò è dovuto ai forti rimaneggiamenti gestionali (non sempre corretti) delle popolazioni originali, ormai quasi tutte introgresse. Purtroppo anche l'attività degli incubatoi di valle e quella delle troticolture specializzate ha determinato, nel tempo, a causa dei fenomeni di consanguineità e di ibridazione, l'incrememto dell'introgressione in natura. All'atto pratico, pur se le prescrizioni da parte dell'A.I.I:A.D. sulle attività gestionali degli impianti di valle stanno dando qualche risultato, la maggior parte delle popolazioni naturali appare attualmente introgressa. Rimedi: a mio parere nessuno. Ovvero, forse è meglio lasciare tutto così, mantenendo e migliorando l'attuale status di popolazioni selvatiche, piuttosto che ipotizzare un'improbabile operazione di puilizia e sterilizzazione genetica dei corsi d'acqua.
Riporto, non a caso, ancora un esempio pratico emerso durante la campagna di monitoraggio ittico 2008 per la revisione della C.I. Provinciale (Acque di Categoria "D", a salmonidi, della provincia di Reggio Emilia). Si tratta di una popolazione stabile di ceppo atlantico/ibrido, automantenentesi e ragionevolmete da non sacrificare, del Torrente Ozola (corso medio). I dati sono in stampa come parte seconda della Revisione della Carta Ittica Provinciale, mentre la "Parte Prima" è già stata oggetto di pubblicazione sugli Atti del XII Congreso Nazionale A.I.I.A.D. (6-7 giugno 2008, S. Michele All'Adige TN) Studi Trentini di Scienze Naturali Vol.87 (2010).



farioatlantica

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Edited by Kiko 54 - 19/7/2011, 17:55
 
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